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Come il cervello percepisce il dolore emotivo

Pubblicato da
Redazione

dolore emotivo

A tutti è capitato di provare un intenso dolore emotivo: la rottura di una relazione, la perdita di una persona cara, un abbandono, il rimorso per grave errore, la delusione di un fallimento e qualsiasi altra cosa stringa lo stomaco. “Stringa lo stomaco” non lo dico a caso. Spesso per descrivere il dolore emotivo si usano dei vocaboli presi in prestito dal lessico caratterizzante dolore fisico. Parole che feriscono come lame, critiche come uno schiaffo, scoperte che fanno gelare il sangue.

Il motivo per cui è così facile descrivere il dolore emotivo con le parole del dolore fisico è che entrambi sono mediati dagli stessi circuiti neuronali e neurochimici. In altre parole, il dolore sociale fa male veramente perché attiva gli stessi meccanismi che si accendono quando ti ferisci fisicamente.

L’evoluzione del dolore emotivo

L’uomo è un animale sociale e le nostre interazioni con gli altri sono causa di gioia o di dolore. Il nostro bisogno di mantenere stabili e significativi i rapporti umani è una caratteristica filogenetica che trova le sue radici nei nostri antenati ancestrali, quando la sopravvivenza dipendeva dall’appartenenza e la convivenza nel branco. I segnali fisici di dolore che servivano a limitare il danneggiamento del corpo, si sono evoluti per allarmare l’uomo contro il pericolo di perdere l’appartenenza alla propria rete sociale.

Come il dolore fisico protegge gli animali dirigendo l’attenzione verso la ferita del corpo, il dolore emotivo potrebbe servire a focalizzare l’attenzione sulla possibilità di perdere un legame, fosse anche inconsapevolmente o sbagliando, utile per la nostra sopravvivenza.

Evidenze neurochimiche della sovrapposizione tra dolore fisico e dolore emotivo

Le endorfine (oppioidi endogeni) sembra giochino un ruolo chiave nel moderare sia il dolore fisico sia quello emotivo. La morfina il cui effetto lenitivo è mediato dai recettori oppioidi μ, attenua anche il dolore causato dalla separazione da una persona importante. Ovviamente questo effetto è stato osservato con basse dosi di morfina, insufficienti ad alterare le risposte comportamentali ma sufficienti a influenzare il meccanismo.

All’opposto, i recettori antagonisti degli oppioidi, normalmente aumentano il dolore fisico e sembra aumentino anche il dolore emotivo.

Queste scoperte sembrano confermare l’ipotesi per cui il sistema degli oppioidi endogeni che regola la percezione del dolore fisico sia deputato anche a mediare il dolore che causato dalle crepe nei rapporti sociali. Nel dettaglio, la separazione causa uno stato in cui si abbassano i livelli delle endorfine da cui consegue il dolore e la ricerca di prossimità con gli altri per ripristinare l’equilibrio chimico del nostro corpo, come se il miglior modo per compensare una perdita fosse riempire quel vuoto con un’altra presenza. A supporto di questa teoria si è visto che l’eliminazione dei recettori oppioidi μ causa un deficit nei comportamenti d’attaccamento.

Evidenze neuronali della sovrapposizione tra dolore fisico e dolore emotivo

L’esperienza del dolore fisico può essere divisa in due componenti: sensoriale-discriminativa e affettiva-emozionale. La componente sensoriale fornisce informazioni circa l’intensità, la tipologie e le caratteristiche spaziali del dolore. La componente affettiva invece è associata con la spiacevolezza del dolore e promuove la motivazione a porvi fine.

Questi due meccanismi sono mediati da meccanismi neuronali differenti. La sensazione di dolore è processata dalla corteccia somatosensoriale primaria e secondaria, dall’insula posteriore mentre i meccanismi affettivi dalla corteccia cingolata dorsale anteriore e dall’insula anteriore.

Nonostante i due meccanismi siano molto correlati, la dissociazione tra i due è evidente a seguito di lesioni circoscritte alla corteccia cingolata dorsale anteriore e all’insula anteriore. In questo caso la persona sente il dolore ma non se ne interessa, non è motivata a farlo cessare.

Il dolore emotivo sembra fortemente legato ai meccanismi neuronali del dolore affettivo, proprio perché pur non essendo coinvolto un danno tissutale del corpo, è necessario che la motivazione a interrompere il dolore sia forte.

Fonte: How the Brain Feels the Hurt of Heartbreak