Calabria, picchiata da una famiglia perché aiutava i cani randagi

Una donna è stata picchiata brutalmente perché stava aiutando alcuni cani randagi, è successo in Calabria dove si trovava in vacanza.

Calabria, ricercatrice picchiata da una famiglia perché si prendeva cura di alcuni cani randagi

Beatrice Orlando, una donna di 43 anni che lavora come ricercatrice in economia e innovazione sostenibile presso l’Università di Ferrara, ha subito un’agressione mentre si trovava in vacanza in Calabria. La 43enne si trovava a Tortora, una località balneare calabrese che si trova ai confini con la Basilicata.

«Mi hanno pestata a sangue solo perché ho cercato di prendermi cura di alcuni cagnolini denutriti. Nessuno mi ha difesa».

Un’agressione che le ha costato la rottura dei denti, della mandibola, lesioni cervicali e agli occhi. I medici le hanno dato una prognosi di 24 giorni. I responsabili sono una famiglia napoletana che abita nelle vicinanze dell’abitazione della donna. La brutta disavventura è iniziata il 4 agosto.

Si trovava in vacanza nella cittadina calabrese con i suoi genitori che hanno una casetta vicina al mare. Come suo solito, era uscita con il suo cagnolino di nome Charlie per fare una passeggiata. Ad un certo punto, ha sentito dei guaiti che provenivano da sotto un’auto parcheggiata proprio sotto la sua abitazione. Così, ha riportato a casa Charlie ed è uscita per capire l’origine di quei lamenti. Ha notato una cagnolina, era denutrita, aveva un collare e vicino a lei c’erano tre cuccioli, anche loro molto debilitati.

Beatrice Orlando ha subito chiamato i volontari dell’Enpa per soccorrere le bestioline che stavano soffrendo per il gran caldo che ha colpito la regione in questi ultimi giorni.

“Dalla protezione animali mi hanno detto che sarebbero arrivati dopo tre giorni e mi hanno chiesto la cortesia di rifocillare i cagnolini e metterli in sicurezza e dargli da bere e da mangiare. Cosa che ho fatto, anche con l’aiuto di un altro signore che abita nelle vicinanze”, ha spiegato.

La stessa sera è uscita con le sue amiche e il suo cane, al rientro, ha preso un po’ d’acqua ed è ritornata dai cagnolini.

“Non ho fatto in tempo di uscire dall’abitazione che sono stata aggredita con cattive parole, pronunciate in stretto dialetto napoletano, da una signora che mi si è fatta incontro gesticolando. Gridando, mi accusava di aver lasciato le ciotole vicino la sua porta. Ho spiegato che non ero stata io a metterli lì e, intanto per paura di rappresaglie, sono rientrata in casa. Anche i cagnolini impauriti per le urla della donna si sono messi paura e mi hanno seguito, tanto che li ho fatti entrare nel mio cancello”.

Il 6 agosto, poi, sono arrivati i volontari che si sono presi cura di quei cani. “Dopo averli salutati, erano circa le sette di sera, ho preso la bici per andare a comprare le sigarette”.

Al ritorno la signora che l’aveva insultata, il marito, il figlio ed anche la fidanzata del figlio, “mi hanno sbarrato la strada“. Hanno iniziato a minacciarla dicendole “adesso ti faremo vedere noi chi siamo”, e intanto si avvicinavano sempre più a lei.

Un’agressione orrenda solo perché si stava prendendo cura dei cani randagi

La 43enne ha cercato di chiamare con il cellulare i carabinieri, ma “non me l’hanno permesso. La prima a farsi avanti è stata la signora che mi ha schiaffeggiato e con le unghie mi ha graffiato il viso, poi il marito mi teneva le mani, mentre la fidanzata del figlio, sempre con le unghie mi ha ferito la schiena e cercava di tapparmi la bocca per non farmi gridare. Infine il figlio, ha iniziato a prendermi a pugni e non ho potuto difendermi visto il suo fisico muscoloso. Mi ha colpito ovunque: in faccia, negli occhi, nello stomaco“, ricorda Beatrice.

È rimasta a terra dolorante, nessuno l’ha soccorsa. È riuscita a raggiungere casa trascinandosi. “Mia madre ha chiamato i carabinieri e l’ambulanza che è arrivata un’ora e mezza dopo“. Ed ancora: “Il giorno dopo il cancello di casa mia era rotto. I miei aggressori continuavano a passare dal mio giardino in segno di sfida e attraverso il passaparola mi hanno fatto recapitare la minaccia che se avessi denunciato ero morta”.

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