Groenlandia, stop trivellazione petrolio: il futuro è nelle rinnovabili

Groenlandia trivelle

La Groenlandia dopo lo stop all’apertura di nuove miniere dice di no alle trivelle e sospende le attività di esplorazione per la ricerca di idrocarburi.

Il partito di sinistra Inuit Ataqatigiit che nella campagna elettorale si era opposto all’apertura di nuove miniere ha fatto un ulteriore passo in direzione dell’ambiente. Il Governo groenlandese ha deciso di sospendere le attività di esplorazione per la ricerca di petrolio e ha sancito la fine delle licenze esplorative.

Dagli anni Settanta, l’isola è uno dei luoghi più ambiti dalle grosse compagnie petrolifere come Shell, Eni o Chevron per la ricerca estrattive e per la sua posizione strategica.

L’ambizione di diventare un paese produttore di petrolio ha però dovuto cedere il passo ai tempi.

Il governo ha infatti optato per un cambio rotta. Così come espresso dal ministro groenlandese delle Risorse Naturali, Naaja Nathanielsen.  Il governo “ha considerato che le conseguenze ambientali della ricerca e dell’estrazione di petrolio siano troppo vaste”. Sottolinea il ministro, spiegando che “nel prendere questa decisione, le considerazioni climatiche, le considerazioni ambientali e il buon senso economico sono andati mano nella mano”.

“Sospendere l’attuale strategia petrolifera è stata la scelta giusta”. Ha poi aggiunto la Nathanielsen.

Secondo quanto riferito, la sospensione è entrata in vigore lo scorso 24 giugno. In una nota, il Governo ha tenuto a commentare, sottolineando che “il futuro non è nel petrolio. Il futuro appartiene all’energia rinnovabile, e sotto questo aspetto abbiamo molto di più da guadagnare”, affermando che si “vuole assumersi la corresponsabilità per combattere la crisi climatica globale”.

Giacimenti in Groenlandia

Le Groenlandia ha sempre cercato di profittare delle riserve di petrolio nell’Artico. Secondo le stime dell’Istituto di Studi di Geologia degli Stati Uniti  un quinto delle riserve petrolifere ancora non sfruttate sarebbero al nord del Circolo polare. Nel 2010, il governo aveva dato il via libera a sette società petrolifere tra le quali Shell e Cairn Energy alle esplorazioni di idrocarburi e furono concesse oltre 20 licenze per le trivellazioni offshore.
Molte ricerche si sono rivelate vane e l’attività petrolifera negli ultimi non è stata redditizia così come auspicato.

Non appena insediato nell’aprile 2021, il nuovo governo ha subito bloccato lo sfruttamento del sito minerario di Kvanefjeld  con il progetto di estrazione di uranio della società australiana Greenland Minerals. Una decisione che ha penalizzato un’attività che poteva rendere al paese 200milioni di euro l’anno, con la creazione di quasi mille posti di lavoro.

I cambiamenti climatici e il riscaldamento globale con il drammatico scioglimento dei ghiacciai avrebbero potuto portare alla scoperta di territori con risorse potenziali come petrolio e altri minerali. Il Governo però ha preferito mantenere fede alle sue promesse elettorali e investire in altri settori come quello delle materie prime o nel rafforzare il settore della pesca.

Il Circolo polare Artico continua in ogni modo ad essere sfruttato da Russia, Alaska e Norvegia per l’estrazione di petrolio, metalli come oro ed energie come l’uranio.

L’interruzione delle estrazioni è accolta con grande favore da Greenpeace.

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