Kye, l’asinello rifiutato dalla madre che pensa di essere un cane

Aveva solo tre mesi quando Kye è stato rifiutato dalla sua mamma. È rimasto solo ma ci è voluto pochissimo tempo per affezionarsi ai suoi proprietari umani. Lo hanno allevato nella loro fattoria di Lincolnshire nel Regno Unito.

La storia di Kye, l’asinello rifiutato dalla madre che pensa di essere un cane

John Nuttall, di 64 anni, con l’aiuto della sua vicina che è esperta di cani, Gražina Pervenis, Kye è stato nutrito a mano con il latte in bottiglia. L’asinello ha passato una infanzia felice in compagnia di molti cani e con il trascorrere del tempo, ha iniziato ad assumere i loro atteggiamenti. Al piccolo Kye piace passeggiare al passo con l’uomo, risponde ai fischi di richiamo come i suoi amici cani e gioca a palla.

Ha trascorso sei settimane tra le case di Grazina e John. Il signore ha raccontato: “Sono andato al negozio di animali e ho comprato i pannolini per cani grandi perché non volevo avere la cacca d’asino in tutta la casa. Lo lasciavamo anche uscire, ma lo riportavo dentro la sera perché lui aveva bisogno del contatto umano“.

In quel periodo l’animale è stato lasciato libero di giocare e scorrazzare con i cani della fattoria. Erano della sua stessa taglia ed è stato proprio in quel momento che ha iniziato ad assumere i loro stessi atteggiamenti.

“Non avevo altre scelte, perché i cani erano della sua taglia e non volevo che venisse colpito dagli altri asini – racconta Grazina – . Così di giorno usciva in giardino con i cani. E quando fischiavo a loro, anche lui tornava”.

Ora il signor John spera che Kye si unisca presto con i suoi simili, che ogni estate portano i visitatori a fare un giro sulle spiagge di Skegness, Cleethorpes e Mablethorpe.

L’asinello tre settimane fa è stato trasferito in un recinto con altri asini e ogni giorno diventa sempre più forte. Anche se non sarà resistente come gli altri asini nutriti dalle loro madri, il piccolo Kye vivrà felice.

“Ciò che conta per me è che sia vivo, la mia preoccupazione principale era tenerlo in vita”.

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