Non c’è tregua per il Golfo del Messico

Non c’è tregua per il Golfo del Messico, oggi 2 settembre c’è stata una nuova esplosione, un’altra piattaforma petrolifera in fiamme, altri operai feriti e soprattutto altri idrocarburi dispersi nelle acque del golfo, per non parlare dei fumi sprigionati dall’incendio. Gli operai fortunatamente si sono messi in salvo lanciandosi in acqua ma per l’atmosfera e l’ambiente nessun salvataggio.

L’esplosione si è verificata alle 9 –ore locale-, il portavoce della casa bianca, Robert Gibbs, appena dopo i primi accertamenti ha tranquillizzato la popolazione affermando che questa volta non ci sarebbero state fuoriuscite di greggio. Purtroppo a qualche ora dall’annuncio arriva la smentita: sulla superficie delle acque compare una macchia scura, si tratta di petrolio.

Dai primi rilevamenti non risultano perdite“, anche la Marier Energy, la compagnia proprietaria del pozzo, ha cercato di tranquillizzare la popolazione della Luisiana. Purtroppo i primi accertamenti non erano esatti e a distanza di varie ore ancora non si riesce a capire che cosa sia andato storto.

La piattaforma protagonista della tragedia è la Vermilion Oil 380 e al momento dell’esplosione ospitava 13 operai che si sono salvati lanciandosi in acqua. Solo uno riporta varie ferite ma fortunatamente è stato rapido l’intervento della guardia costiera che ha recuperato i lavoratori in fuga.

L’incubo della Luisiana non è finito, solo pochi giorni fa si commemorava il quinto anniversario dal passaggio dell’Uragano Katrina e il presidente degli USA, in visita nel paese, ha annunciato che mai sarebbero capitate altre catastrofi come quella del 20 aprile scorso, quando 11 operai sono morti proprio in seguito al guasto di una piattaforma petrolifera britannica.

Oggi, 2 settembre non ci sono stati morti, ma alle 11.00 -ora locale- nel Golfo del Messico, al largo della Vermilion Bay, si osservano già i primi danni ambientali, una macchia di petrolio che si estende per oltre 2 km. Gli esperti tranquillizzano la popolazione: a differenza della Deepwater britannica, quella della Mariner Energy è una piattaforma che lavora in acque poco profonde, circa 105 metri, rispetto ai 1500 metri di profondità di quella britannica. Ciò significa che un’operazione di riparazione -cementificazione o comunque chiusura del pozzo– potrebbe essere più semplice.

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